Il life designing come nuovo approccio al benessere globale della persona: definirsi, comunicare e valorizzarsi adeguatamente per viaggiare tra costellazioni di scelte.
Gennaio: tempo di “buoni propositi” per l’immediato futuro. Desiderio di dare spazio al nuovo, magari facendo ordine, spesso immaginando svolte anche radicali. A volte il terreno è pronto e si aprono le porte del futuro. A volte però il compito si rivela di non facile attuazione: le intenzioni di cambiamento sovente si perdono tra le grinze della carta da regalo, finendo gettate in un cestino o, nella migliore delle ipotesi, piegate in un cassetto. Il momento del rinnovamento o della concretezza tarda ad arrivare, la progettualità langue, l’insoddisfazione prende campo. Non sempre, del resto, è facile trasformare in azioni specifiche le proprie mete: il coaching è un intervento che consente di mettere a fuoco gli step da compiere e soprattutto di individuare quali risorse, per ciascun individuo, possano avviare il cambiamento. Il primo passo da compiere per formulare un buon progetto – che si tratti di mettersi a dieta, iscriversi ad un corso d’inglese, cambiare lavoro o ripulire la soffitta, tutti nobili, concreti e raggiungibili propositi – è infatti definire con chiarezza il proprio obiettivo ; il passo successivo richiede invece di riconoscere quali bisogni ci siano alla base del desiderio di raggiungerlo. Infatti, se l’obiettivo è il motore, la motivazione è la benzina. Dove attingere al carburante? Per reperirlo, è necessario ascoltarsi. Sì, ascoltare sé stessi. Dare spazio ai propri bisogni, appunto, partendo da quelli più profondi. Autonomia? Condivisione? Stabilità? Riconoscere, dandole un nome, l’emozione che li caratterizza: certamente l’idea di liberarsi dalle pressioni di un capo troppo richiedente procura sollievo e anticipa serenità, ma cosa si prova al pensiero di non svolgere più le mansioni cui si è da anni abituati, perdendo la condizione, magari ideale, di lavoratore dipendente? Se non si risponde a questi interrogativi, difficilmente la ricerca del nuovo lavoro avrà inizio: in qualche modo si sente che la scelta non è quella giusta, e la scintilla della spinta al cambiamento si spegne. Inoltre: e se la meta fosse un’altra? Forse non è necessario cambiare lavoro, ma più semplicemente, basterebbe trovare le parole giuste per comunicare efficacemente con il capo di cui sopra, riconoscendo a sé stessi il diritto di chiedere condizioni più adeguate alle proprie capacità. Rivolgersi ad un “allenatore” (coach) consente da un lato di liberare le potenzialità già presenti nella persona, dall’altro di individuarne di nuove anche fornendo informazioni di tipo pratico su come muoversi in situazioni altrimenti ritenute “spinose”. Ciò se il problema portato è circoscritto e specifico e se il livello di autostima della persona è adeguato. Ma cosa fare se la stima di sé vacilla e l’equilibrio individuale è fragile? In questo caso è probabile che il problema sia più complesso, coinvolga le relazioni familiari e il cambiamento implichi cluster di scelte e non scelte singole e trasformazioni non solo comportamentali ma al superiore livello dell’identità. Allora, un intervento di life designing ad opera di uno psicologo che possa trattare e contenere gli aspetti emotivi che legano le ramificazioni dei percorsi possibili può essere necessario e più efficace, pur mantenendo il focus sull’obiettivo o su una scala di obiettivi. Così, ridisegnando le proprie linee di vita, il progetto si concretizza: e il proposito di inizio anno, per chi lo ha formulato, divenne davvero “buono”. (articolo scritto per www.infinitytraining.it)